Il Disegno Attivo non è altro che un metodo di lavoro istintivo e
ragionato al tempo stesso, capace di pescare nel profondo dell’animo umano
leggi inconsce e indecifrabili, destinate prima o poi a comporsi, grazie alla
luce della ragione, in una figura vera.
Forse
non basta, come Klee e Jung, rendere visibili i segni dell’inconscio, ma è
necessario illuminarli, ragionarli, spiegarli e finalmente coglierne la storia,
perché è solo l’aggregazione dei segni che mostra una faccia luminosa o un’ombra
del ciclo infinito naturale.
Lo
spazio racchiuso nella forma è un’oggettivazione che trae origine altrove.
La
luce che illumina l’arte è il riverbero di un altro spazio e di un altro tempo.
C’è
sempre nell’opera d’arte un riflesso del passato e contemporaneamente una
dinamica immaginativa di costruzione del futuro.
Il Riverberismoo si traduce in un concetto, in un metodo che vuole
utilizzare gli strumenti della memoria per illuminare uno spazio del divenire,
perché il futuro è anche ieri.
Comprendere
da dove ha origine la luce, la causa dell’illuminazione non è sempre facile.
Una forma, una sostanza del presente appare brillare di luce propria, e ciò non
é. Le trame che creano le forme maturano nell’inconscio, come una materia
magmatica e indefinita che si spiega nel momento in cui viene illuminata.
Un
aspetto fondamentale della vita, quello emotivo, causalità e casualità
dell’arte, si compone continuamente di riverberi di altre dimensioni, di suoni
lontani, di odori già sentiti, di un già visto di un altro tempo che sembra
essenzialmente presente, ma che preconizza un poi.
L’oggetto
diviene significante attraverso una sorta di filo storico, di collegamento tra
passato e futuro, che va percorrendo una strada di congiunzione tra un
sottobosco onirico già vissuto ed una superficie ragionata dall’illuminazione
del divenire.
La
luce riverberante è la luce della chiarezza, della conoscenza auspicabile
attraverso una posizione di distacco oggettivo e soggettivo che coincide con un
punto di congiungimento di tempi diversi.
Una
civiltà che sembra indietreggiare, perché spinta da un consumismo
materialistico, è una civiltà che ha dimenticato il passato, incapace
d’immaginare e creare un futuro. È una civiltà al buio, impegnata a vivere il
vuoto del presente. È la nostra società, quella della velocità senza direzione,
alla quale l’arte si vuole opporre con la lentezza onirica, con la pienezza
delle emozioni, con la presenza della mente, ma anche e soprattutto con la
precisione del ragionamento.
L’immagine artistica è sintesi, sinergia di emozioni e pensieri
ragionevoli, è un lento divenire che digerisce il passato e porta nel futuro
nutrimento pulito, percorrendo l’ispido presente, composto da aggressioni
sociali e culturali, spalmate su una piattaforma calamitata che costringe ad
una forzata adesione senza perché.
L’artista è un grande divoratore ruminante, onnivoro, che cede
al futuro della società un prodotto già collaudato.
L’artista
è il filosofo dei no, colui che tenta di astrarre criticamente il vantaggio dal
disagio, qualche volta inconsapevole.
La
pittura ha la capacità sintetica di mettere in discussione la realtà e offrire
una visione dubbiosa sull’origine del presente.
È
vero che l’arte è condizionata dal passato, ma lo è anche dal futuro perché
come il futuro essa è immaginazione, fantasia e creatività che si concretizza
tramite gli strumenti della memoria.
Il
presente è quell’attimo di energia virile che deriva da una madre passata e si
proietta verso una femmina futura.
Il
presente, come il rosso del fuoco, accende emozioni acquatiche sopite e, alla
pari di un fiume di lava, discende lentamente verso un sole immaginario e
immaginato, che solo apparentemente sembra essere in uno spazio e in un tempo
sotto di noi, che prima o poi raggiungeremo. Così che il divenire si rivela in
questa ottica come una strada inconscia e perigliosa, una via di fuga, una
piazza vuota.
Ecco
allora che la creatività necessita della costruttività, la fantasia degli
strumenti logici della memoria e l’immaginazione della matematica.
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