mercoledì 7 marzo 2012

Il Riverberismoo


Il Disegno Attivo non è altro che un metodo di lavoro istintivo e ragionato al tempo stesso, capace di pescare nel profondo dell’animo umano leggi inconsce e indecifrabili, destinate prima o poi a comporsi, grazie alla luce della ragione, in una figura vera.
Forse non basta, come Klee e Jung, rendere visibili i segni dell’inconscio, ma è necessario illuminarli, ragionarli, spiegarli e finalmente coglierne la storia, perché è solo l’aggregazione dei segni che mostra una faccia luminosa o un’ombra del ciclo infinito naturale.



Lo spazio racchiuso nella forma è un’oggettivazione che trae origine altrove.
La luce che illumina l’arte è il riverbero di un altro spazio e di un altro tempo.

C’è sempre nell’opera d’arte un riflesso del passato e contemporaneamente una dinamica immaginativa di costruzione del futuro.

Il Riverberismoo si traduce in un concetto, in un metodo che vuole utilizzare gli strumenti della memoria per illuminare uno spazio del divenire, perché il futuro è anche ieri.

Comprendere da dove ha origine la luce, la causa dell’illuminazione non è sempre facile. Una forma, una sostanza del presente appare brillare di luce propria, e ciò non é. Le trame che creano le forme maturano nell’inconscio, come una materia magmatica e indefinita che si spiega nel momento in cui viene illuminata.

Un aspetto fondamentale della vita, quello emotivo, causalità e casualità dell’arte, si compone continuamente di riverberi di altre dimensioni, di suoni lontani, di odori già sentiti, di un già visto di un altro tempo che sembra essenzialmente presente, ma che preconizza un poi.

L’oggetto diviene significante attraverso una sorta di filo storico, di collegamento tra passato e futuro, che va percorrendo una strada di congiunzione tra un sottobosco onirico già vissuto ed una superficie ragionata dall’illuminazione del divenire.

La luce riverberante è la luce della chiarezza, della conoscenza auspicabile attraverso una posizione di distacco oggettivo e soggettivo che coincide con un punto di congiungimento di tempi diversi.

Una civiltà che sembra indietreggiare, perché spinta da un consumismo materialistico, è una civiltà che ha dimenticato il passato, incapace d’immaginare e creare un futuro. È una civiltà al buio, impegnata a vivere il vuoto del presente. È la nostra società, quella della velocità senza direzione, alla quale l’arte si vuole opporre con la lentezza onirica, con la pienezza delle emozioni, con la presenza della mente, ma anche e soprattutto con la precisione del ragionamento.

L’immagine artistica è sintesi, sinergia di emozioni e pensieri ragionevoli, è un lento divenire che digerisce il passato e porta nel futuro nutrimento pulito, percorrendo l’ispido presente, composto da aggressioni sociali e culturali, spalmate su una piattaforma calamitata che costringe ad una forzata adesione senza perché.

L’artista è un grande divoratore ruminante, onnivoro, che cede al futuro della società un prodotto già collaudato.

L’artista è il filosofo dei no, colui che tenta di astrarre criticamente il vantaggio dal disagio, qualche volta inconsapevole.

La pittura ha la capacità sintetica di mettere in discussione la realtà e offrire una visione dubbiosa sull’origine del presente.

È vero che l’arte è condizionata dal passato, ma lo è anche dal futuro perché come il futuro essa è immaginazione, fantasia e creatività che si concretizza tramite gli strumenti della memoria.
Il presente è quell’attimo di energia virile che deriva da una madre passata e si proietta verso una femmina futura.

Il presente, come il rosso del fuoco, accende emozioni acquatiche sopite e, alla pari di un fiume di lava, discende lentamente verso un sole immaginario e immaginato, che solo apparentemente sembra essere in uno spazio e in un tempo sotto di noi, che prima o poi raggiungeremo. Così che il divenire si rivela in questa ottica come una strada inconscia e perigliosa, una via di fuga, una piazza vuota.
Ecco allora che la creatività necessita della costruttività, la fantasia degli strumenti logici della memoria e l’immaginazione della matematica.



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