venerdì 3 maggio 2019

Della serie “Archetipi”, l’Imperatore è forse l’opera più eloquente e al tempo stesso più misteriosa dell’artista Pietro Spadafina. Il quarto degli archetipi rappresenta l’uomo, frutto di una discesa dello spirito nella materia. È tal concetto che rende l’opera coinvolgente, non solo emotivamente ma capace di risuonare profondamente in un riconoscimento dello schema archetipale che fa dell’uomo una creatura divina. È vero che qui non si tratta dell’uomo della strada, bensì dell’idea pura dell’uomo, ossia un tabernacolo cosciente della propria forza, spirituale, mentale e animica, un essere divino ad immagine e somiglianza del suo creatore. L’Imperatore incarna, sia pur nella sua purezza, l’uomo disceso in una dimensione duale, necessaria ad un percorso di consapevolezza, che si estrinseca attraverso il discernimento e il libero arbitrio di una scelta tra bene e male. L’artista adotta vibrazioni cromatiche archetipali, che possono essere riferite alla geometria sacra, nella rappresentazione di forze – vettori – personaggi derivanti dalla triade di una cosmogenesi che si riconosce, se non uguale, molto simile in teorie filosofiche e religioni del mondo intero, che fanno capo all’Uno – Coscienza assoluta. Ad uno spazio onirico in un altrove non conosciuto e ad un tempo circolare e ciclico vengono posti i personaggi, le raffigurazioni, che su piani diversi costituiscono tutto il dinamismo di quest’opera. L’artista e la sua creazione risultano l’operatore di un programma innato, profondo e archetipico, che muove nell’osservatore un’iniziazione non solo mentale alla comprensione di sè. G. Q.)


     

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