giovedì 15 marzo 2012

La comunicazione conflittuale


Spesso, per non dire ogni qual volta l’uomo parla, lo fa non per esprimere qualcosa di sé ma per dare ad altri messaggi su di sé, informazioni su ciò che ritiene il meglio di sé.
Già allora egli divide il bene dal male e, pur ammettendo che conosca se stesso, tace di qualcosa e dice di altro. Perciò di sé dà informazioni al 50%, ossia comunica al 50%. Questo 50% è in realtà il frutto del super-io, la costruzione di sé che il super-io ha suggerito.
Di conseguenza la percentuale di verità si abbassa ulteriormente, ma è proprio tramite questa maschera che l’uomo indossa che si traduce il suo inconscio.
Infatti, la maschera che l’uomo indossa, come avviene quando si vuole nascondere qualcosa, in realtà la mette in evidenza: è questo un messaggio di verità.
L’uomo, ogni qual volta si relaziona con qualcuno, si può dire che compie un’operazione di magia, poiché agisce su ogni immagine. La magia, infatti, altro non è che riuscire a rendere reale un’immagine mentale. Egli istintivamente, spesso e anche un po’ arbitrariamente, crea un’immagine di sé non reale e la rende reale, le dà la vita.
Questa operazione banale, che è alla portata di tutti e che tutti compiono, è tanto più raffinata quanto più evoluto è l’uomo che la compie; ma, paradossalmente, questa operazione di magia che tutti compiono è alla base dell’inibizione della magia stessa, perché esercitata sulla totalità del proprio essere, che viene etichettato e quindi ingabbiato.
Il mago deve poter essere tutto e non rimanere vittima di un’immagine.
L’immagine creata deve essere pari ad un camice che si indossa all’occorrenza e mai come una pelle eterna: quando ci si ammala, ad esempio, occorre l’immagine del guaritore per autoguarirsi o della persona sana ed in salute per autocondizionarsi; nei momenti difficoltosi occorre l’immagine gioviale del buonumore. Questi sono tutti camici da indossare.
Per fare ciò bisogna essere nudi, ossia capaci di indossare ogni volta un camice diverso. L’uomo, però, erroneamente pensa che l’esser nudo equivalga all’essere debole e vulnerabile.
Il mago non è colui che crea l’immagine con le parole, ma con le sensazioni, con le sfumature, perché il linguaggio verbale, per quanto puro possa essere e non lo è quasi mai, suscita subitamente nell’altro la diffidenza.

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