Spesso, per non dire ogni qual volta l’uomo parla,
lo fa non per esprimere qualcosa di sé ma per dare ad altri messaggi su di sé,
informazioni su ciò che ritiene il meglio di sé.
Già allora egli divide il bene dal male e, pur
ammettendo che conosca se stesso, tace di qualcosa e dice di altro. Perciò di
sé dà informazioni al 50%, ossia comunica al 50%. Questo 50% è in realtà il
frutto del super-io, la costruzione di sé che il super-io ha suggerito.
Di conseguenza la percentuale di verità si abbassa ulteriormente, ma è proprio tramite questa maschera che l’uomo indossa che si traduce il suo inconscio.
Di conseguenza la percentuale di verità si abbassa ulteriormente, ma è proprio tramite questa maschera che l’uomo indossa che si traduce il suo inconscio.
Infatti, la maschera che l’uomo indossa, come avviene quando si vuole nascondere
qualcosa, in realtà la mette in evidenza: è questo un messaggio di verità.
L’uomo, ogni qual volta si relaziona con qualcuno,
si può dire che compie un’operazione di magia, poiché agisce su ogni immagine.
La magia, infatti, altro non è che riuscire a rendere reale un’immagine
mentale. Egli istintivamente, spesso e anche un po’ arbitrariamente, crea
un’immagine di sé non reale e la rende reale, le dà la vita.
Questa operazione banale, che è alla portata di
tutti e che tutti compiono, è tanto più raffinata quanto più evoluto è l’uomo
che la compie; ma, paradossalmente, questa operazione di magia che tutti
compiono è alla base dell’inibizione della magia stessa, perché esercitata
sulla totalità del proprio essere, che viene etichettato e quindi ingabbiato.
Il mago deve poter essere tutto e non rimanere
vittima di un’immagine.
L’immagine creata deve essere pari ad un camice che
si indossa all’occorrenza e mai come una pelle eterna: quando ci si ammala, ad
esempio, occorre l’immagine del guaritore per autoguarirsi o della persona sana
ed in salute per autocondizionarsi; nei momenti difficoltosi occorre l’immagine
gioviale del buonumore. Questi sono tutti camici da indossare.
Per fare ciò bisogna essere nudi, ossia
capaci di indossare ogni volta un camice diverso. L’uomo, però, erroneamente pensa
che l’esser nudo equivalga all’essere debole e vulnerabile.
Il mago non è colui che crea l’immagine con le
parole, ma con le sensazioni, con le sfumature, perché il linguaggio verbale,
per quanto puro possa essere e non lo è quasi mai, suscita subitamente
nell’altro la diffidenza.
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