mercoledì 4 aprile 2012

Il Sole, il Re, l'Oro. II

Gli intellettuali, gli scienziati e con loro i saccenti continuano a trattare l'alchimia e le arti occulte in genere come esclusivo argomento per ciarlatani.
Sono circondati da fatti inspiegabili e misteriosi, da guarigioni inaspettate che chiamano miracoli e che accettano come dono del Dio cristiano; ma le stesse guarigioni sono per loro inaccettabili se il Dio è quello musulmano Allah, o Shiva indiano; se poi è un laico, viene subito tacciato di maghismo.
 Per costoro una guarigione è giusta solo se è il risultato di un farmaco o se è accettata dalla chiesa romana, altrimenti…

In definitiva tutto ciò che è mistero, non riconosciuto dalla Chiesa, secondo il senso comune non dovrebbe essere preso in considerazione, cioè bisogna fingere di non vedere; anzi, paradossalmente i moribondi che stanno per essere toccati da una guarigione non spiegabile dovrebbero rifiutare se questa non è accettata dalla medicina o dalla Chiesa.
La stessa scienza parla di autosuggestione, ma poi rifiuta la possibilità dell’individuo di autoguarirsi tramite la propria energia interiore.
Ovviamente mai danaro viene investito per lo studio delle  capacità dell'uomo sconosciute all’uomo, a meno che non si tratti di quelle razionali.
Anche la psichiatria è ferma ed in alcuni casi si ricorre ancora, come cent’anni fa, agli elettroshock.
Per quanto la sua intelligente evoluzione sia piuttosto settoriale, tecnologica, quindi sbilanciata, l’uomo è sempre più intelligente, colto, razionale, positivista. Eppure oggi più che mai un grande numero di individui è colpito da depressioni e nevrosi che si preoccupa di curare con farmaci.
La sua statura si è accresciuta con gli anni, è vero, ma solo matericamente poiché, da un punto di vista spirituale, i piedi più in basso degli Inferi ha puntato e la testa ha escluso dal Paradiso. E’ arrivato al punto di curare la psiche, l’anima, l’inconscio, ossia qualcosa di immaterico e non concreto, con qualcosa di scientifico.
L’unica cosa evidente è che l’uomo, oggi come sempre, non vuole vedere: il mistero, l’ignoto lo spaventa.
Lo stesso fecero gli alchimisti.
Le vicissitudini alle quali assoggetta il mistero della vita sono le prove indispensabili che conducono l’uomo al chiarore solare, al quale si giunge solo dopo aver visto le tenebre, dopo aver vissuto e sofferto l’errore.
 Le prove della vita terrena non hanno altro scopo che la comprensione e la conoscenza; l’uomo che saprà approfittare delle lezioni sarà pronto per l’iniziazione e quella sarà la sua ricompensa. La purificazione data dalla sofferenza mira a rompere la corazza dura che chiude l’animo umano perché la luce del sole possa illuminarlo dentro.
Il Sole è fisso ed immobile e splende uguale per tutti, ma alcuni traggono dal suo calore più benefici di altri perché hanno saputo accoglierlo, perché hanno superato gli ostacoli che lo oscuravano.
Coloro che hanno saputo discernere la luce chiara del Sole da quella ingannevole della Luna saranno sulla strada della comprensione del proprio io.
Il Sole rivela la luce, la realtà delle cose, la verità senza veli, dirada la nebbia e fa svanire la paura. Arricchisce tutti indistintamente, spiritualmente. Riversa l’oro sull’uomo, ma non è l’oro che tenta l’avaro, è l’oro filosofico per colui che non si fa illusioni sul valore delle cose e che avrà tutto poiché non avrà bramato nulla.
Lavorando su se stessi e studiando la natura umana, gli alchimisti avevano il teorico progetto di trasformare, tramite la luce, il piombo vile dei bassi istinti umani nell’oro puro, filosofico, morale ed intellettuale.
Erano convinti, in teoria, di poter trasformare un ignorante, un egoista, un avido, un avaro in un saggio che bramasse di entrare in armonia con la naturale legge dell’universo e di faticare con la gioia di produrre, tramite un lavoro divino, per contribuire a risolvere ed interpretare il caos universale, consapevoli che ciò che distingue l’uomo dall’animale è il lavoro che, quando con gioia ed entusiasmo è realizzato, conduce al progresso umano ed apre le porte del paradiso.
Per lavoro saggiamente gli alchimisti intendevano non la schiavitù ma il lavoro di liberi artisti, il lavoro gaio e rituale che produce il sudore della fronte e dona frutti preziosi: ciò è raro da raggiungere per l’uomo. Essi stessi, pur consapevoli degli ostacoli del progetto, si arresero per le notevoli difficoltà, evitarono così il Sole, pur avendo solo quello come obbiettivo.
Nel mondo è manifesto che la luce e il calore del Sole in parte si arrestano ai muri delle case, impedendo di rivelare l’essenza di quelle, l’interiorità: è compito del lavoro artistico quello di comunicare l’interiorità, la bellezza sopraffina che sfugge ai sensi comuni.

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