La
disubbidienza, per quanto fonte di sofferenza, è necessaria poiché
indispensabile per l’autocoscienza.
La disubbidienza è un'interruzione, è la capacità di scelta, è la libertà.
La disubbidienza è un'interruzione, è la capacità di scelta, è la libertà.
Ciò è il primo atto creativo, è l'elemento
indispensabile all'evoluzione, è la divisione.
Con la disubbidienza egli riconosce la regola
precedente e solo così è in grado di trasformarla per raggiungere lo stato di
ubbidienza (armonia, riposo dell'anima).
Solo dopo la divisione (atto creativo) e la
sofferenza che a questa segue egli è colui che non proviene da nessuno e non
deve a nessuno.
Con la disubbidienza, attraverso un processo di
morte e sofferenza, si giunge alla concretizzazione di ciò che è stato scelto,
in proporzione alle proprie capacità.
Dopo la concretizzazione, sofferente e difficile,
del risultato (conseguenza dell'interruzione), si possono leggere le regole
ormai attuate (fermezza derivata dal movimento).
Dopo aver provocato la morte del movimento-dinamica
precedente all'essere e del movimento successivo all'essere (tempo, spazio),
allora solo è il vero movimento, ossia il centro, il comando, la fermezza che
muove e gestisce tutto il dinamismo attorno a sé (il movimento fermo), che può
apparire paradossale ma che, invece, è il ritmo di natura, un movimento, cioè,
adiacente perfettamente alla legge universale.
Il concetto di ubbidienza permette ulteriori
riflessioni.
L'uomo che elimina (con la morte) un altro uomo è
costretto, senza capacità di scelta, senza possibilità di scelta, a subire una
condanna. Egli è stato strumento di una legge che doveva attuarsi (destino). Un
caso estremo è preso qui in considerazione per spiegare i movimenti quotidiani,
ai quali l'uomo, pur ignorandoli, è costretto ad adiacere per destino.
Non altrettanto può dirsi dell'uomo guerriero che
elimina cento uomini, egli infatti è premiato per questo.
Il motivo di questa differenza può condurre ad una
proficua riflessione.
Il soldato, attraverso il piombo scagliato sugli
uomini, attua la legge. Egli, cioè, è comunque uno strumento che risponde
consapevolmente al realizzarsi di un principio universale. Procura consapevolmente
la sofferenza altrui, oltre alla propria, per un fine universale, frutto di una
disubbidienza.
La differenza è evidente tra l'uomo che uccide di
sua iniziativa e chi lo fa garantito dalla legge: tutti e due obbediscono
perfettamente al proprio destino.
In questo caso, ovviamente, è esplicito il
tramutarsi della disubbidienza in ubbidienza.
Nessun commento:
Posta un commento